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17 NOVEMBRE

SANTA ELISABETTA (Regina) d' UNGHERIA

 

Germania, 1231

Elisabetta nacque in Ungheria il 1207 , a Marburg, , sposò a quattordici anni Luigi IV, Langravio di Turingia che aveva 20 anni, ed ebbe da lui tre figli.

Era tanto umile e caritatevole che fece costruire vicino al castello dove viveva con il Re suo sposo, un ospedale per il ricovero dei lebbrosi che lei visitava e curava personalmente ogni giorno.

Dopo la morte del marito avvenuta in una Crociata, fu estromessa dalla corte dalle sue cognate e fu cacciata dal castello, ma S. Elisabetta non si perse d'animo è continuò nelle sue pratiche caritatevoli.

Consacrò la sua vita con l'iscrizione al Terz'ordine Francescano, al quale dedicò l'ospedale di Marburg,.

Morì il 17 novembre 1231, giovanissima, a soli 24 anni.

E' Patrona dell' Ordine Francescano Secolare, degli Infermieri, delle Società caritatevoli, dei Fornai.

 

 

 

LE DUE PASSIONI DI ELISABETTA D’UNGHERIA

(VIII CENTENARIO DELLA SUA NASCITA)

17 novembre 2006

Fr. José Rodríguez Carballo, ofm

Ministro general

www.ofm.org/01docum/mingen/OmElisUngI

Sir, 26, 1-4. 13-21

Mt 25, 31-40

Cari Fratelli,

Il Signore vi dia pace!

Oggi, in coincidenza con la chiusura di questo incontro, inizia ufficialmente l’VIII Centenario della nascita di santa Elisabetta, principessa di Ungheria, Gran Contessa di Turingia e penitente francescana. Questo giubileo, che tocca molto da vicino i Fratelli e le Sorelle del TOR e dell’OFS, che si onorano di averla come patrona, deve essere convenientemente celebrato da quanti fanno parte della grande Famiglia Francescana, dal momento che santa Elisabetta, a tutti i diritti, è una delle sue glorie.

Dinanzi a questa celebrazione giubilare, in profonda comunione con tutta la Famiglia Francescana, particolarmente con i Fratelli e le Sorelle del TOR e dell’OFS, è logico domandarsi: Che messaggio offre oggi a noi, Frati Minori, la figura di santa Elisabetta? Cosa può dire ai francescani di oggi una donna avvolta dalla penombra di un passato remoto e da un mondo pieno di leggende? Cosa può dirci questa donna dalla quale ci separano tanti anni e tante altre cose?

Il suo messaggio, e ciò che ne fa una figura davvero attuale, scaturisce e prende forza dalle sue due grandi passioni: quella per Cristo e quella per i poveri. Due passioni che la pongono in perfetta sintonia spirituale e carismatica con Francesco, al quale senza dubbio si ispirò, e con Chiara, cioè con due cuori conquistati da Cristo e dai poveri, nei quali scoprirono Cristo. Tutta la vita di santa Elisabetta, inclusa l’estrema penitenza, può essere compresa solo alla luce di queste due passioni.

La passione per Cristo portò Elisabetta ad assumere il Vangelo come forma di vita e a viverlo nel più genuino stile di Francesco: semplicemente, sine glossa, in tutti i suoi aspetti spirituali e concreti. Questa sua intenzione trovò espressione nei suoi atteggiamenti esistenziali più profondi, come il riconoscimento della signoria assoluta di Dio; l’esigenza di spogliarsi di tutto e di farsi piccola come una bambina per entrare nel regno del Padre; l’adempimento, fino alle sue ultime conseguenze, del comandamento nuovo dell’amore.

Elisabetta non lasciò nulla di scritto, ma diversi momenti della sua vita possono essere compresi solo partendo da una comprensione letterale del Vangelo. Seppe realizzare il programma di vita proposto da Gesù nel Vangelo:

– chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà. (Mc 8, 35 e Lc 17, 33).

– Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Mc 8, 34).

– Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguim (Mt 19,21).

– Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; (Mt 10,37).

La sua passione per Cristo si manifestava e si alimentava attraverso una comunione profonda fatta di una vita di preghiera intensa, continua, che a volte sfociava nell’estasi. La coscienza costante della presenza del Signore era la fonte della sua forza, della sua gioia e del suo impegno per i poveri. Anche l’incontro di Cristo nei poveri, però, animava la sua fede e la sua preghiera, perché in questo incontro era portata ad "identificarsi" con loro. Non c’è da meravigliarsi di questo, dal momento che il suo pellegrinaggio incontro a Dio era scandito da passi decisi di distacco fino alla spogliazione totale, come Cristo sulla croce. Alla fine non le rimase nulla, se non la tunica grigia della penitenza, che volle conservare come simbolo e sudario.

La sua passione per Cristo, che da ricco si fece povero, la portò a seguirlo radicalmente e a trovarlo e servirlo nei suoi "rappresentanti, i poveri e crocifissi della terra", come li chiama il documento del nostro Capitolo straordinario (Spc 9). Elisabetta serviva personalmente gli emarginati, i poveri e gli infermi. Come Francesco si prendeva cura dei lebbrosi, rifiuto della società. Giorno dopo giorno, ora dopo ora, povero dopo povero, visse e trovò la misericordia de Dio nel fiume di dolore e miseria da cui era avvolta. Negli sventurati Elisabetta vedeva la persona di Cristo (Mt 25,40). Questo le diede forza per vincere la sua naturale ripugnanza, al punto da arrivare a baciare le ferite purulente dei lebbrosi.

Forgiata nella fucina evangelica di Francesco d’Assisi, come il Poverello e come Chiara, sua "pianticella", Elisabetta abbandonò le vane glorie e le ambizioni mondane, il frastuono della corte, le comodità, le ricchezze, gli abiti di lusso... uscì dal suo castello e pose la sua tenda tra i disprezzati e i feriti per servirli.

La santità consiste nell’amare come Gesù amò. Amare Dio e il prossimo, sono due comandamenti che non si possono separare. Passione per Cristo e per i poveri, sono due passioni che vanno necessariamente insieme. Ma tutto ciò non è follia? Sì, è la follia dell’amore, che non conosce limiti; è la follia della santità; e quella di Elisabetta è un’autentica follia! Nella sua vita brilla con particolare splendore la supremazia della carità. La sua persona è un canto all’amore, plasmato nel servizio e nell’abnegazione, dedito nel seminare il bene, come l’amore di ogni "donna virtuosa", della quale ci parlava la prima lettura (cf Sir 26,1-3). Questo amore, che fece sgorgare in lei un’ardente forza interiore, caratteristica di una "moglie brava" (cf Sir 26,2), come fu Elisabetta, la portò a irradiare gioia e serenità, anche nella tribolazione, nella solitudine e nel dolore. Così, fedele alla sua missione – "Dobbiamo rendere gli uomini felici", diceva alle sue sorelle e ancelle – Elisabetta rallegrava il cuore di quanti le si avvicinavano (cf Sir 26,13). Il fondo della sua anima era abitato dal regno della pace.

Elisabetta passò per questa vita come una meteora luminosa e portatrice di speranza. Illuminò l’oscurità di molte anime. Portò gioia ai cuori afflitti. Nessuno potrà contare le lacrime che asciugò, le ferite che sanò, l’amore che risvegliò.

In questo momento in cui il nostro Ordine è impegnato in un profondo rinnovamento che ci porta a seguire più da vicino e più radicalmente Cristo e mentre il Capitlo generale straordinario ci ha invitato più volte ad essere minori con i minori della terra, Elisabetta ci si presenta non solo come una donna profondamente evangelica, ma anche come un modello da seguire nella sua passione per Cristo e per i poveri.

Ricordiamo, durante questo anno giubilare, la personalità tanto singolare di Elisabetta, perché, attraverso la conoscenza e l’ammirazione di questa figura, tutti seguiamo Cristo e, sulle orme di Francesco, Chiara ed Elisabetta, ci convertiamo in strumenti di pace e letizia e impariamo a versare un po’ di balsamo sulle ferite di chi vive nel nostro ambiente, a umanizzare le vicende che viviamo, ad asciugare un po’ di lacrime. Apriamo i nostri cuori dove non è presente la misericordia del Padre. L’impegno di santa Elisabetta stimoli il nostro. Il suo esempio e la sua intercessione illumineranno il nostro cammino verso il Padre, fonte di ogni amore: il bene, tutto il bene, il sommo bene; la quiete e la gioia.

 

 

 

 

 

 

Elisabetta d'Ungheria

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

http://it.wikipedia.org/wiki/Elisabetta_d'Ungheria

Santa Elisabetta d'Ungheria

Religiosa

Nascita 1207

Morte 17 novembre 1231

Venerato da Chiesa cattolica

Beatificazione

Canonizzazione 27 maggio 1235

Santuario principale

Ricorrenza 17 novembre

Attributi Cesto di pane

Patrono di Infermieri, Società caritatevoli, Fornai, Ordine Francescano Secolare

Visita il progetto santi

Santa Elisabetta d'Ungheria, o di Turingia (Sárospatak, 1207 – Marburgo, 17 novembre 1231), principessa ungherese, langravia di Turingia in virtù del suo matrimonio con Ludovico IV: rimasta vedova, entrò nel Terz'Ordine Francescano dedicandosi a varie opere di carità. È stata proclamata santa da papa Gregorio IX nel 1235.

Biografia [modifica]

Figlia di Andrea II il Gerosolimitano, re di Ungheria, Galizia e Lodomira, e della sua prima moglie Gertrude di Merania, nel 1211 venne promessa in sposa al primogenito del langravio di Turingia Ermanno I, per sugellare l'alleanza delle due dinastie nella lotta contro l'imperatore Ottone IV: venne inviata a Wartburg, presso la corte di Turingia, dove venne educata dalla futura suocera, Sofia di Baviera.

Essendo morto nel 1213 Ermanno, il promesso sposo, nel 1221 si unì in matrimonio a suo fratello minore Ludovico IV, detto il Santo, che aveva ereditato i domini del padre nel 1217. Dal loro matrimonio nacquero tre figli: Ermanno, Sofia (poi moglie di Enrico II di Brabante) ed Elisabetta, che divenne badessa di Altenberg.

L'11 settembre del 1227 Ludovico IV morì ad Otranto, mentre aspettava per imbarcarsi con Federico II alla volta della Terra Santa, dove doveva partecipare alla crociata.

La vedova, già molto attiva nelle opere di carità, si pose sotto la direzione spirituale del teologo Corrado di Marburgo: entrò nel Terz'Ordine francescano e si ritirò nell'ospedale che aveva fatto erigere nel 1228 a Marburgo, dove si dedicò alla cura dei malati fino alla morte.

Il culto [modifica]

Venne proclamata santa a Perugia da papa Gregorio IX il 27 maggio 1235 (festa della Pentecoste): la memoria liturgica della santa, originariamente fissata al 19 novembre, fu spostata nel 1969 al 17 novembre, suo dies natalis. In Ungheria però la sua festa continua ad essere celebrata il 19 novembre.

È patrona dei panettieri e degli ospedalieri (secondo la tradizione, avrebbe trasformato in rose i pani che aveva nascosto per i poveri e gli ammalati) ed è, con san Luigi dei Francesi, patrona principale del Terzo Ordine Regolare di San Francesco.

 

 

Per saperne di più andate a:

Sito: http://www.santiebeati.it E-Mail: info@santiebeati.it

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